Giovedì scorso si è svolto il primo APIL Talk del 2016, sul tema della nuova normativa UNI11630
Criteri di Stesura del Progetto d’illuminazione.
Tre ore di dibattito interessante sulla professione e sul progetto della luce, con un ottimo riscontro in termini di partecipazione: più di ottanta partecipanti in sala e molti altri in diretta streaming!!

Susanna Antico, presidente APIL, da il via alla conferenza.
Vi riportiamo qua di seguito alcuni commenti di Susanna Antico, presidente di APIL, che riassume ed approfondisce alcuni argomenti trattati durante la conferenza.
Apil Talk un vero successo!
La seconda edizione dell’APIL Talk ha superato la prima per numero di partecipanti e vivacità della discussione. Il primo APIL talk era ghiotto, ma era di ascolto, di condivisione di bei progetti.
Questo ci ha toccato in maniera più profonda, perché ha trattato il tema del futuro e, dunque, il costruire qualcosa di concreto in una professione che, come la luce, non è effimera proprio per niente. L’abbiamo condiviso in tanti e con passione.
Ci sono colleghi che hanno fatto oltre 600 chilometri per essere presenti. Tanti anche i collegamenti in streaming, aspetto che ha fatto sì che, per usare le parole del socio Andrea Ingrosso, che ci seguiva da Lecce, APIL abbia smesso di essere solo milanese. La presenza di ieri ha dimostrato quanto la necessità di realtà e, dunque, di confronto sia forte nella comunità dei progettisti della luce.
Come presidente di APIL mi fa sorridere, un sorriso di compiacimento, perché significa che l’associazione sta andando nella direzione giusta.
Approfitto di questo spazio per riprendere alcuni aspetti di quanto è stato detto ieri e per invitare chi avesse voglia di proseguire la discussione a farlo, a scrivermi o commentare qua sotto.

Un momento dell’intervento di Marco Palandella

L’intervento di Pietro Palladino
La professione di lighting designer
Si è parlato di una professione con cui non si fanno soldi (o la fame, addirittura!). Non è vero. Il punto è che non si può dare un prezzo alla passione e a molto del lavoro intellettuale.
La nostra, come tutte le libere professioni intellettuali, risente del fatto che non sia possibile far pagare al cliente tutte le ore effettive di lavoro: in alcune siamo molto produttivi, in altre meno e anche in quelle in cui lo siamo meno paghiamo l’affitto, ecc.
Risentiamo sicuramente di un momento storico in cui farsi pagare delle idee è difficile.
Non si fa la fame perchè si è lighting designer, si fa la fame se non ci si organizza e si fanno le scelte sbagliate.
Come in molti altri campi, ci sono molte opportunità ma bisogna essere competenti, preparati, sapere fare bene il proprio lavoro. Bisogna lavorare in associazione temporanea per condividere peso e competenze e facendo regolarmente dei concorsi.
Bisogna avere un’etica professionale, l’etica professionale paga sempre.
Bisogna sempre farsi pagare il progetto, un progetto non è l’avere semplicemente prescritto degli apparecchi.
Possiamo decidere di regalare il progetto, come ha fatto APIL con l’attività “ricicla ripensa e ri-lighting” , ma la cosa è ben diversa!
Si è parlato di ordini, di ingegneri, di architetti, di firme. Di chi in sostanza è o può essere progettista della luce. Le competenze necessarie sono, giusto per citare le principali, le conoscenze di: fisica, illuminotecnica, matematica, percezione, colore, product design, lettura dello spazio, composizione dello spazio, paesaggio, elettricità, elettronica, arte, sociologia, filosofia, psicologia e così via.
Queste competenze non le ha l’architetto, non le ha l’ingegnere, come non le ha l’elettricista, il rivenditore di apparecchi di illuminazione, l’azienda che produce apparecchi , a meno che non abbia in casa un serio ufficio di progettazione con all’interno progettisti della luce competenti, che però lavorano senza che ci siano le condizioni che permettono di esprimere le loro potenzialità e la loro bravura.
Non le ha l’interior designer, non le ha il Product Designer, non le ha il perito.
Alcune professioni sono addirittura un po’ “pericolose” per l’affermarsi della figura del del progettista della luce.
L’architetto è “pericoloso” perché, non avendo le competenze, è a disagio nel non averle ma, spesso, deve fare delle scelte che riguardano la luce. Spesso sceglie gli apparecchi dai cataloghi, valutandoli esclusivamente per il loro aspetto estetico, ignorando totalmente l’effetto prodotto dagli apparecchi una volta accesi.
Poi ci sono degli architetti illuminati: non fanno un passo senza il progettista della luce, per qualche oscura ragione, però, tengono questo aspetto un po’ segreto. Forse perché per loro, che sono illuminati, pensano sia giusto che ognuno faccia il proprio mestiere. Voglio credere che lo ritengano un’ovvietà.
Queste competenze non le ha l’ingegnere elettrico, e anche lui è un po’ un problema: per tradizione l’ingegnere elettrico è quello che è sempre stato pagato per progettare impianti elettrici.
Chi gli dice che i numeri e l’effetto psicofisico che la luce produce sull’essere umano non sono la stessa cosa?
Chi può essere lighting designer
Tutti però possono diventare lighting designer, ovvero possono integrare le loro conoscenze con dei corsi supplementari o formandosi presso studi professionali, come ho fatto io.
Negli anni Novanta c’erano solo due città in tutto il mondo dove era possibile studiare lighting design. Pensate alle opportunità che ci sono oggi.
Gli interventi dei progettisti della luce negli ordini professionali è dunque importantissima, per spiegare, e far capire, le differenze. Per identificare il professionista e la sua utilità. Quale è il percorso, dunque, per diventare progettista della luce? La condizione fondamentale, secondo me, è l’essere attratti, quasi rapiti, dalla forza della luce nel modificare lo spazio e l’ambiente senza alterarlo fisicamente e dalla forza della luce nel suscitare emozioni.
Ci deve essere questo interesse, Il resto si impara. Usare la luce significa imparare a guardare, ad osservare, a scoprire i meccanismi della percezione. Anche un avvocato può diventare lighting designer, ciò che importa, per difendere la qualità della professione e di coloro che la esercitano con serietà, è che si impari a farlo, acquisendo le conoscenze necessarie.
Ci sono studi che sicuramente facilitano e velocizzano il raggiungimento di un livello di autonomia nella progettazione della luce, ma l’integrazione e lo studio autonomo sono fondamentali.
Non dimentichiamoci che, come liberi professionisti, vendiamo il nostro tempo e le nostre idee. Avere delle idee sempre nuove e accattivanti richiede un aggiornamento continuo.
Si è parlato dei soci APIL, chi sono, cosa serve per iscriversi ad APIL.
Per far parte dei soci APIL (perché ci sono anche i simpatizzanti) bisogna saper fare e gestire un progetto di luce che abbia le caratteristiche del progetto con la “P” maiuscola.
Per sentirsi a proprio agio con la progettazione della luce ci vogliono tanti anni. A seconda delle caratteristiche della base su cui si è costruita la professione, il processo è più o meno lungo. Ci cono studi che velocizzano il processo perché contengono discipline fondamentali per la professione come, ad esempio, l’interior design, l’architettura, l’urbanistica, il paesaggio, il design industriale, l’ingegneria elettrica ed elettronica, ma non bastano.
Chi ha studiato storia o letteratura ha ugualmente un bagaglio culturale interessante, ma deve integrarlo maggiormente.
La professione del progettista della luce richiede competenze che si consolidano nel tempo. Molti soci APIL sono ingegneri, o architetti, o periti? Quello che so è che sono progettisti della luce e sanno progettare con la luce.
La Commissione Soci li ha valutati per le loro competenze e la loro esperienza nel campo della luce, come progettisti indipendenti e, dunque, in grado di appartenere alla categoria.
Chi si improvvisa o non ha le competenze adatte, fa dei progetti brutti e sgradevoli, nuoce alla professione e nuoce anche a chi il mestiere , invece, lo fa davvero bene.
Attenzione: il mondo è pieno di ottimi progettisti che non sono iscritti ad APIL.
Bisogna distinguere tra interesse e professionalità.
Non a caso APIL ha ottenuto, come Associazione, il CLD (Certified Lighting Designer).
APIL crede che questa professione possa essere “imparata anche solo a bottega”, presso studi professionali, ma bisogna impararla bene.
Negli Stati Uniti, paese dove la professione del Lighting Designer è più affermata, molti professionisti sono iscritti alla IALD, Associazione che negli anni si è guadagnata una reputazione e dunque un’affidabilità che sono diventate, per chi è iscritto, sinonimo di competenza nel campo della luce.
Ci sono professionisti non iscritti alla IALD o ad altra associazione che lavorano comunque e tanto, perché sono competenti. In paesi come gli Stati Uniti, il problema è avere una certificazione di qualità e non un riconoscimento formale, un atteggiamento molto diverso dal nostro.
Penso comunque che, grazie alle opportunità di lavoro che tutti noi abbiamo oggi anche, e soprattutto, fuori dall’Italia, dobbiamo investire di più nel diventare professionisti competenti e fare gruppo, condividere e credere che le cose cambieranno e miglioreranno!
Buon inizio settimana a tutti e scrivetemi ad apil@federlegnoarredo.it o commentate qua sotto aggiungendo le vostre riflessioni!
Susanna Antico, Presidente APIL.
Complimenti, cara Susanna, sulle qualità e le competenze che deve possedere un light designer non si poteva dire meglio.
Non ho ancora avuto in mano la nuova norma UNI Criteri di Stesura del Progetto d’illuminazione. Spero ardentemente che non preveda intralci burocratici al nostro lavoro, che non ne ha proprio bisogno; rilevo soltanto che non mi risulta esistano criteri di stesura di progetti di altre opere (stabili, ponti, barche,….), per cui mi chiedo che bisogno c’era di affliggerci con questa Guida. Ma spero che i miei timori siano del tutto fuori luogo. Ti saluto, Mario Bonomo
Caro Mario,
Grazie del tuo commento. Direi che la norma non prevede intralci burocratici, è un po’ ripetitiva e rischia di apparire pedante, ma in sostanza elenca ciò che noi progettisti già facevamo. Riprendendo il DPR 5.10.2010 n°207 applica all’illuminazione quanto apparteneva ad altre discipline di progettazione e lo comunica verso l’esterno. Questa affermazione rivolta a coloro che sono confusi, hanno sfruttato la confusione o realmente ignorano i contenuti del progetto di illuminazione e la figura del professionista che ha le competenze necessarie a redigerlo, può essere positiva. Penso stia a noi usare la norma a nostro favore proprio nel sottlineare la complessità di questo tipo di progettazione e la necessità di un compenso adeguato e dedicato a tale competenza. Un saluto, Susanna