LUCE VERTICALE: titolo bellissimo!
Rivelatosi quanto mai attuale e affrontato dai 6 relatori da punti di vista fra i più vari. Ovvio successo anche degli stranieri ritenuti forse più “esotici” e tanti gli spunti su cui soffermarsi a riflettere.
Un esempio per tutti? Non illuminare è meglio che illuminare male?
Cinzia

Luce Verticale

un momento del convegno APIL al MADE Expo

2 commenti
  1. Andrea
    Andrea dice:

    Quanto tempo e’ necessario per sviluppare un progetto illuminotecnico? Qual e’ l’ approfondimento necessario per definire il livello qualitativo opportuno? Per chi non ha partecipato al convegno “Luce verticale” lo scorso 6 ottobre, le mie domande potrebbero apparire strane e forse incuriosirvi. Diversi relatori e differenti approcci al tema. Tutti interessanti per il ruolo identitario che gioca la luce nella lettura urbana, ma Xu Dongliang del Toryo lighting design di Pechino, ha decisamente suscitato molta perplessità nel pubblico partecipante presentando alcuni progetti, alcuni dei quali sviluppati, a suo dire, in un solo giorno. Ma soprattutto, ha illustrato un affascinante progetto per un’area ampia quanto un quarto di Milano, dove il suo studio ha realizzato tutti gli elaborati in soli tre mesi. Certo, chi ha partecipato al convegno ed io tra questi, ha trovato l’affermazione esagerata e mi chiedo cosa si intende per progetto esecutivo in Cina ma poi, riflettendoci, butto sul piatto questa domanda a tutti voi. Chi e’ in errore? Chi progetta definendo ogni dettaglio in un progetto esecutivo in un anno (per un’area di tali dimensioni), oppure chi sviluppa un buon progetto definitivo in tre mesi giocando sul concetto di prodotto equivalente? Avrà senso impegnarsi a definire ogni singolo effetto legato ad un particolare apparecchio o dovremo confrontarci con la velocità che non sempre fa rima con qualità ? Quale ruolo giocheranno nel prossimo futuro termini come velocità, prezzo e … affidabilità?

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  2. mteresa
    mteresa dice:

    S’ALZA IL VENTO
    Staranno arrivando con i primi freddi anche venti di cambiamenti? Parrebbe di si.
    Mi fa ben sperare il fatto che durante il convegno si sia discusso così ampiamente di lighting design, segno della constatazione della pluralità di aspetti che riguardano questo ambito e soprattutto indice di una forte volontà, se non esigenza, da una parte di un confronto tra chi opera in questo campo, e dall’altra di comunicare il proprio impegno, lavoro e ricerca a chi, addetto ai lavori non lo è, che mi pare abbia ben risposto.
    Non c’è solo tecnica, ne’ solo cultura, né solo sensibilità nell’esercizio di questa professione, ma un insieme equilibrato delle voci, e proprio per questo motivo diviene sempre più fondamentale ribadire e definire quella che è la nostra figura professionale.
    A “fare luce” non ci si improvvisa, a meno che non si intenda esclusivamente togliere indistintamente dal buio forme, persone, elementi, o creare effetti scenografici per una commedia grottesca en plein air.
    Chi fa questo mestiere, lo sa bene, ma gli altri? Allora facciamo più informazione, condividiamo le esperienze, confrontiamoci. Magari, il processo sarà meno lento di quanto ci aspettiamo adesso.
    Io mi affaccio a questo mondo da relativamente poco tempo, ma posso già constatarne le tante difficoltà, che, se vogliamo, possiamo ricondurre ad un’unica grande matrice: la disinformazione.
    Occorre porre rimedio…

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