Quanto tempo mi richiede questo lavoro? Quanto durerà il cantiere? Che tipo di disponibilità ci si aspetta e quanto sono disposta a concederne/assicurarne?
Sono queste e tante altre le domande alle quali ogni giorno occorre dare una risposta.
perchè? Semplice perchè non pesare attentamente le cose da fare, lo sforzo necessario e le energie che ci vogliono compromette i guadagni di un lavoro.
Capire velocemente cosa si aspetta un cliente (disegni, relazioni, visualizzazioni, incontri, telefonate, sopralluoghi…) e in che quantità, permette di predisporre una bozza di incarico piuttosto che un’altra.
Oggi più di ieri stabilire un format di incarico è quanto mai difficile e, soprattutto ma non solo per i privati, gli schemi tradizionali risultano obsoleti.
Il problema oggi non è tanto stabilire se gli elaborati da redigere sono 5 o 6, quanto piuttosto centrare fin da subito le reali aspettative del cliente e su quelle commisurare il proprio impegno. quante volte il lavoro dovrebbe essere veloce e “indolore” e invece si protrae oltre ogni limite senza che ci sia alcuna sorta di “paracadute” che limiti i danni?
Sempre più importante diviene oggi riuscire a siglare un accordo che descriva il più possibile le reali attività, il tempo necessario e ciò che è escluso e soprattutto definire i tempi di pagamento.
..a questo proposito un consiglio personale: alla aliquota del fine lavori consiglio di aggiungere un “e comunque non oltre il…” così se per caso i lavori non dovessero mai finire o venissero prolungati oltre ogni limite di decenza, si è sicuri di incassare il saldo prima di passare a miglior vita. Inshallah!
cinzia
Concordo pienamente. Il problema principale è centrare le esigenze del cliente: in certe situazioni può essere sufficiente lo schizzo a mano di una soluzione intelligente; in altre al contrario non gli bastano mai i rendering che gli fai, come se il tuo lavoro fosse quello di un service grafico.
Certo, una bozza di incarico centrata sulle aspettative pone le basi per un rapporto senza problemi. Tuttavia, non sempre ci si può attenere alla lettera agli accordi scritti: per mantenere un buon rapporto con il committente, in vista di eventuali incarichi futuri, spesso si è costretti a fare buon viso a cattiva sorte, e ci si accolla l’onere di fare ben più di quello che era stato concordato…
Avete ragione entrambi. Ma le associazioni che ci stanno a fare? In Italia proliferano associazioni, movimenti, gruppi d’opinione ma un vero sindacato dei lighting designer esiste? Apil potrebbe e dovrebbe insistere nel processo di coesione tra associazioni sviluppando un protocollo che chiarisca cosa sia un progetto di illuminazione ma non come molti si aspettano un elenco di elaborati, ma obiettivi chiari e condivisi tra committente e progettista. Oggi molti vogliono elementi di valutazione energetica, impatto ambientale, percezione degli spazi, economia di gestione, analisi dei costi, assistenza in corso d’opera ed aspetti come il Life Design Assessment ed in tutto questo perché mai chi può rispondere con competenza dovrebbe essere l’anello debole del processo. “Odio gli indifferenti” e su queste premesse sono pronto a dare il mio contributo in attesa che la LSL prenda forma. E voi?
Sviluppare un protocollo univoco per tutti potrebbe essere un modo per tutelarci. Evitare contestazioni da parte dei clienti più indisciplinati.